E’ difficile spiegare perché un
luogo possa attrarti così tanto. Il
desiderio di vivere in prima persona ciò che avevo letto sull’Egitto, sulla sua
storia, la politica e la società era ormai un pensiero che mi frullava per la
testa da molto tempo. Cercavo solo un opportunità per poter partire, qualche
motivo che mi desse la possibilità di unire la voglia di scoprire questa realtà
e al contempo fare qualcosa di utile che arricchisse le mie conoscenze. Ecco
che davanti a me si è presentata un’opportunità inaspettata. Già avevo sentito
parlare di AIESEC ma prima che un mio amico mi spiegasse esattamente cos’era
non avevo bene idea di che cosa si trattasse. Quando ho capito che AIESEC mi
offriva proprio quello che cercavo, l’opportunità di andare in Egitto e al
contempo la possibilità di effettuare uno stage senza, nonostante la mia scarsa
esperienza lavorativa, ho deciso di cogliere l’occasione al volo. Completate le
pratiche per entrare in AIESEC e per partire, trovato un progetto che mi ispirava,
eccomi pronto alla partenza.
Lasciata Milano in un grigiore
autunnale, condito da una pioggia fine, atterro al Cairo in una giornata
assolata, un buon presagio. I giorni che seguono sono un susseguirsi di
emozioni contrastanti. L’impatto con il traffico egiziano e con la guida a dir
poco bizzarra degli autisti locali è traumatico. Colonna sonora di ogni mia
giornata al Cairo sono i clacson ai quali sembra che gli egiziani siano molto
affezionati, ogni autista che si rispetti tiene fissa una mano su
quell’aggeggio infernale (altro che la classica strombazzata ai semafori
torinesi). Grazie ad un altro problema capisco di aver scelto il progetto
giusto per l’Egitto: l’immondizia. La trovi ovunque. E raramente trovi dei
cassonetti. Morale della favola: ti porti dietro per chilometri il tuo
sacchetto dell’immondizia sperando di trovare un posto consono dove lasciarlo.
Ecco che quindi entra in gioco il mio progetto sull’ambiente e sul riciclo ei
rifiuti, quanto mai attuale in questa realtà. La maggior parte del mio lavoro consta
proprio nella cernita del materiale che può essere riutilizzato e di quello che
deve essere mandato a riciclare. Poi ci sono le campagne di sensibilizzazione e
la riqualificazione di luoghi pubblici come scuole e giardini. Il lavoro non è
fenomenale ma mi permette di vivere la realtà del posto dall’interno e fare
nuove amicizie con le splendide persone che vi lavorano. Ne approfitto anche
per farmi insegnare un po’ di frasi in arabo indispensabili per sopravvivere al
Cairo.
Parlato degli aspetti negativi e del mio lavoro, è indispensabile
sottolineare gli innumerevoli aspetti positivi. Per iniziare, l’Egitto è un
paese con monumenti e luoghi fantastici a partire della famose piramidi, le
moschee, i palazzi, il deserto, fino a posti meno appariscenti ma comunque
tremendamente affascinanti. Poi vi è la parte umana, l’incontro con la persone
che allietano la mia giornata. Dei miei colleghi di lavoro ho già parlato.
Molti altri egiziani gli incontro per caso e sono sempre molto espansivi e, non
so perché, sempre molto affascinati
dall’Italia, e puntualmente ti spiattellano tutte le frasi che conoscano
in italiano e di come egiziani e italiani si assomiglino molto.
Per concludere, non posso non
menzionare gli altri “stranieri” che vivono con me. Sono una dozzina di persone
che sono diventate la mia famiglia. Ho imparato molto da loro, mi hanno aiutato
quando avevo bisogno d’aiuto e mi perdo in lunghe chiacchierate con loro. E
poi, il mio bagaglio culturale di studente di Scienze Internazionali è in
rapida evoluzione. Cosa può esserci di più istruttivo di vivere con tre indiani
di cui uno e indù, uno sikh e uno musulmano? E passare una settimana in un luogo dove convivono una ragazza
ucraina e una russa? Per non tralasciare l’importanza di una discussione sulla
situazione politica egiziana con uno studente universitario egiziano…
Remy Baltieri
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