Wednesday 21 May 2014

My AIESEC exchange in Egitto of Remy Baltieri


E’ difficile spiegare perché un luogo possa  attrarti così tanto. Il desiderio di vivere in prima persona ciò che avevo letto sull’Egitto, sulla sua storia, la politica e la società era ormai un pensiero che mi frullava per la testa da molto tempo. Cercavo solo un opportunità per poter partire, qualche motivo che mi desse la possibilità di unire la voglia di scoprire questa realtà e al contempo fare qualcosa di utile che arricchisse le mie conoscenze. Ecco che davanti a me si è presentata un’opportunità inaspettata. Già avevo sentito parlare di AIESEC ma prima che un mio amico mi spiegasse esattamente cos’era non avevo bene idea di che cosa si trattasse. Quando ho capito che AIESEC mi offriva proprio quello che cercavo, l’opportunità di andare in Egitto e al contempo la possibilità di effettuare uno stage senza, nonostante la mia scarsa esperienza lavorativa, ho deciso di cogliere l’occasione al volo. Completate le pratiche per entrare in AIESEC e per partire, trovato un progetto che mi ispirava, eccomi pronto alla partenza.



Lasciata Milano in un grigiore autunnale, condito da una pioggia fine, atterro al Cairo in una giornata assolata, un buon presagio. I giorni che seguono sono un susseguirsi di emozioni contrastanti. L’impatto con il traffico egiziano e con la guida a dir poco bizzarra degli autisti locali è traumatico. Colonna sonora di ogni mia giornata al Cairo sono i clacson ai quali sembra che gli egiziani siano molto affezionati, ogni autista che si rispetti tiene fissa una mano su quell’aggeggio infernale (altro che la classica strombazzata ai semafori torinesi). Grazie ad un altro problema capisco di aver scelto il progetto giusto per l’Egitto: l’immondizia. La trovi ovunque. E raramente trovi dei cassonetti. Morale della favola: ti porti dietro per chilometri il tuo sacchetto dell’immondizia sperando di trovare un posto consono dove lasciarlo. Ecco che quindi entra in gioco il mio progetto sull’ambiente e sul riciclo ei rifiuti, quanto mai attuale in questa realtà. La maggior parte del mio lavoro consta proprio nella cernita del materiale che può essere riutilizzato e di quello che deve essere mandato a riciclare. Poi ci sono le campagne di sensibilizzazione e la riqualificazione di luoghi pubblici come scuole e giardini. Il lavoro non è fenomenale ma mi permette di vivere la realtà del posto dall’interno e fare nuove amicizie con le splendide persone che vi lavorano. Ne approfitto anche per farmi insegnare un po’ di frasi in arabo indispensabili per sopravvivere al Cairo.



Parlato degli aspetti negativi  e del mio lavoro, è indispensabile sottolineare gli innumerevoli aspetti positivi. Per iniziare, l’Egitto è un paese con monumenti e luoghi fantastici a partire della famose piramidi, le moschee, i palazzi, il deserto, fino a posti meno appariscenti ma comunque tremendamente affascinanti. Poi vi è la parte umana, l’incontro con la persone che allietano la mia giornata. Dei miei colleghi di lavoro ho già parlato. Molti altri egiziani gli incontro per caso e sono sempre molto espansivi e, non so perché, sempre molto affascinati  dall’Italia, e puntualmente ti spiattellano tutte le frasi che conoscano in italiano e di come egiziani e italiani si assomiglino molto.


Per concludere, non posso non menzionare gli altri “stranieri” che vivono con me. Sono una dozzina di persone che sono diventate la mia famiglia. Ho imparato molto da loro, mi hanno aiutato quando avevo bisogno d’aiuto e mi perdo in lunghe chiacchierate con loro. E poi, il mio bagaglio culturale di studente di Scienze Internazionali è in rapida evoluzione. Cosa può esserci di più istruttivo di vivere con tre indiani di cui uno e indù, uno sikh e uno musulmano? E passare una settimana  in un luogo dove convivono una ragazza ucraina e una russa? Per non tralasciare l’importanza di una discussione sulla situazione politica egiziana con uno studente universitario egiziano…


Remy Baltieri





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