Monday 2 June 2014

Racconto di Giulia Giannuzzi tratto dalla mostra fotografica di AIESEC Torino: "Find your place in the World"



Giulia Gianuzzi, GIORNO 48 ULTIMO GIORNO INSIEME, GLI ADDII
Molte sono le persone a cui ho detto “arrivederci”. “Arrivederci” è una parola che mi piace molto. E’ una delle poche parole senza colore netto che riesco a dire, io che nella vita sono o bianco o nero, dico “arrivederci” con speranza.
L’arrivederci alle 25 donne con cui ho condiviso questi quasi due mesi è stato un saluto molto sentito, inaspettatamente sofferto ed emozionante. “Sono passate in fretta queste settimane” continuano a ripetermi e io sorrido, loro lo sanno che per me alcune sono parse infinite, lo sanno perché c’erano sempre, sono state amiche, mamme, zie, sorelle, nonne, sono state importanti. Quando poi mi guadagno un loro abbraccio, anche se mi ero ripromessa di lasciare un sorriso come ultimo ricordo il pianto è quasi automatico, per tutte. Perché in quei momenti lo senti che potrebbe veramente essere l’ultima volta e senti che se fossi onesta diresti addio, ma proprio da loro ho imparato che anche una minima possibilità genera ottimismo così ci salutiamo come se tenessi già il biglietto di ritorno. Si scusano per non aver pensato ad un regalo e mi lasciano i loro santini porta fortuna, Allissia mi regala una moneta giapponese, lei che non è mai uscita dai confini argentini ma possiede monete di tutto il mondo, due amiche mi invitano per tomar un mate(la bevanda tipica di acqua calda e erbe aromatiche)nella loro casa fatiscente e io penso a quanto sono stata fortunata a conoscerle.
L’arrivederci tra i compagni di avventura solitamente è una festa. Non è mai un addio, niente pianti o frasi ipocrite, mai triste o malinconico forse anche perché frazionato nel tempo. I volontari, infatti arrivano tutti in momenti diversi e così in momenti diversi se ne vanno, per questo ho iniziato con le feste di arrivederci già dalla mia prima settimana e la mia ultima sera l’ho trascorsa con persone che conoscevo da soli 2 giorni. E’ stata una sorpresa l’ultima cena con gli altri compagni ormai già amici; nonostante la breve conoscenza hanno deciso di cucinare e offrire dolci tipici dei propri paesi, brindando con un alcolico brasiliano gli ultimi minuti prima di partire. Il desiderio comune si riflette negli occhi di tutti: rivedersi un giorno in qualche parte del mondo per poter continuare a vivere quella quotidianità che ci ha permesso di condividere quasi dal primo incontro tutti noi stessi. I rapporti creati sono nati in maniera molto rapida ma altrettanto intensa da sperare con ragione, di poter mantenere i contatti nonostante ci siano oceani di distanza.

Infine l’arrivederci alla città che in questi giorni è stata tutto. L’ho salutata guardandola dal sedile 49E nella fila centrale, l’ho salutata da lontano e quasi non volevo vederla ma quelle sue luci erano così forti da illuminare l’interno dell’aereo, perché Buenos Aires l’ho incontrata di notte e nell’oscurità l’ho lasciata. Ma è stato in un pomeriggio di circa due settimane fa che mi sono accorta di esserci cascata, di essere caduta nella sua trappola e ho realizzato: mi sono innamorata di una città stronza. Nonostante le mancanze e i difetti, nonostante i litigi e le arrabbiature gratuite che ho patito, mi ha conquistato, e l’ho capito quando ho aperto gli occhi senza paura, quando ho imparato a guardala per quello che è e non per come vorrei che fosse. La lascio ringraziandola per essersi fatta conoscere così, per essersi aperta a me in molte sue sfaccettature e per avermi messo alla prova facendomi conoscere le mie sfaccettature. La lascio perché devo e voglio, ma non l’abbandono, vorrei dirle a presto, ma so che è una promessa che non posso mantenere e quindi  “Arrivederci, amore mio!”

Giulia Giannuzzi

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